19 Marzo 2017

Carissimi Parrocchiani,

sostiamo ancora sugli avvenimenti relativi all’insediamento nella Terra Promessa che ci sono presentati dall’Antico Testamento sia nella prospettiva del ‘dono’, sia nella prospettiva della ‘conquista’, allo scopo di raccogliere qualche insegnamento.

Un primo dato significativo lo possiamo raccogliere dal fatto che gli Israeliti si stabiliscono in una terra abitata da altre popolazioni. Questi abitanti sul momento danno loro del filo da torcere, ma col tempo impareranno a convivere con loro. In questa convivenza si può vedere l’apertura universalistica insita nella vocazione di Israele. Il dono della elezione divina che lo distingue dagli altri popoli come tale rimane e, tuttavia, non va inteso in modo esclusivo, ma inclusivo degli altri popoli. Secondo la promessa fatta ad Abramo Dio vuole proprio attraverso Israele estendere a tutti i popoli la sua benedizione: “In te saranno benedetti tutti i popoli della terra” (Gen 12,3). Dunque, il disegno di salvezza che Dio porta avanti nella storia passa attraverso Israele, ma mira ad abbracciare tutta l’umanità senza escludere nessuno.

Un secondo dato significativo è costituito dal forte legame che il destino di Israele in quanto popolo eletto ha con il possesso della terra. Non si può capire la storia di questo popolo se non si tiene conto di questa relazione indissolubile con la terra. La promessa che Dio ha fatto a Israele di una terra è parte degli elementi costitutivi della sua identità di popolo di Dio. Questa promessa non è venuta meno nel tempo; anche dopo la venuta di Gesù, Israele conserva il suo diritto ad avere una terra. Tuttavia la Scrittura insegna – come fa ben notare Rossi de Gasperis – che questo dono viene accordato agli Israeliti “nelle modalità e nei tempi nascosti nelle pieghe misteriose della provvidenza storica del Signore dell’alleanza” (op. cit., p. 125). La sua concessione spetta solo a Dio che opera “come vuole, quando vuole e nella misura e nella proporzione che Egli vuole” (p. 126).

Un terzo dato significativo vogliamo raccogliere da questi racconti: il ‘dono-conquista’ della terra si realizza con la valorizzazione da parte di Dio di mezzi umani molto poveri. La strategia divina – come mette bene in luce ad esempio la vicenda di Gedeone – ha la caratteristica della piccolezza, dell’umiltà, dell’obbedienza. Sarà questa una costante dell’agire di Dio. Dio non opera in modo miracolistico, solitario; chiede sempre la collaborazione dell’uomo e si serve di mezzi umani: si tratta però di mezzi poveri. Proprio la sproporzione tra ciò che sono questi mezzi e il risultato conseguito mette bene in risalto la Provvidenza fedele e onnipotente con cui Dio opera nella storia.

Rimane ancora un insegnamento che mi sembra particolarmente significativo: il fatto che Dio realizzi il suo disegno di salvezza non costruendo una storia parallela a quella che si studia sui libri di storia, ma inserendosi nella trama della storia umana e facendo sì che i singoli avvenimenti, nonostante i loro limiti e le loro contraddizioni, concorrano a raggiungere lo scopo di salvezza che Gli sta a cuore. Ma di questo parleremo la prossima volta.

Don Luigi Pedrini