06 Settembre 2015

Carissimi Parrocchiani,

la settimana scorsa ci siamo lasciati con una domanda aperta: come ha reagito Mosè nella drammatica situazione in cui è venuto a trovarsi? Sono illuminanti in proposito i vv. 13-14: Mosè rispose: “Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli” (Es 14,13-14). Sono parole che rivelano il coraggio di chi pone nel Signore la propria fiducia. Mosè è veramente un uomo di fede che sa incoraggiare gli altri ad avere fede.

Tuttavia, saremmo in errore se pensassimo a Mosè come l’uomo che vede davanti a sé tutto chiaro, senza nutrire al alcun dubbio o paura. È eloquente in proposito il versetto che segue dal quale apprendiamo che Mosè chiede aiuto a Dio gridando: “Perché gridi verso di me?”, gli dice il Signore. Dunque, Mosè agli altri chiede di stare tranquilli, ma egli non può fare a meno di gridare.

In questo modo scopriamo in lui questa compresenza apparentemente contraddittoria di luce e di ombra: da una parte, come di slancio, si rimette completamente a Dio nella fede; dall’altra è preso dall’angoscia, che gli incute paura e lo fa disperare.

Nel Nuovo Testamento ritroveremo un’esperienza del tutto simile nell’apostolo Pietro, quando di slancio fa il suo atto di fede nel Signore per cui esce dalla barca e gli va incontro camminando sulle acque; poi, però, si lascia prendere dalla paura e comincia ad affogare.

Fede e paura lottano nel cuore di Pietro così come nel cuore di Mosè. Entrambi devono constatare che la prontezza dello spirito deve poi fare i conti con la debolezza della carne.

Al grido di Mosè fa seguito immediatamente la risposta di Dio: “Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto”. L’ordine di Dio è perentorio e prospetta per gli Israeliti un’impossibile strada di salvezza. E qui assistiamo alla scena fondamentale che diventerà il cuore della fede di Israele: il passaggio del Mar Rosso.

Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono con tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri, entrando dietro di loro in mezzo al mare.

Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: “Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!”.

Il Signore disse a Mosè: “Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri”. Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno.  Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra.

Possiamo notare che la messa in atto di questa uscita non avviene in modo concitato e rocambolesco, ma in modo solenne, dignitoso, ordinato. Questa uscita assomiglia ad una processione trionfale. Israele avanza senza difficoltà nella notte, quando per sé si è impediti a camminare. Eppure per Israele tutto si spiana, come a dire che quando si agisce con il Signore, abbandonati a lui, tutto si semplifica e si appiana. Quella che doveva essere una notte di paura si trasforma inaspettatamente in una notte di vittoria e di pace.

Don Luigi Pedrini