28 GIUGNO2020

Cari fratelli,

il tema dell’accoglienza, che risuona più volte nelle letture proposte oggi alla nostra attenzione, è una componente strutturale della comunità cristiana.

Perciostesso è indispensabile verificare oggi questa apertura, questa sensibilità, questa esigenza del vangelo anche nelle sue attuazioni concrete.

Gli anelli della catena dell’accoglienza e della solidarietà partono dall’ultimo e dal più piccolo: è accoglienza dell’anello supremo, quello di Dio stesso.

La vocazione cristiana è anche distacco radicale dai legami che ci connettono col passato. Scelta sofferta che ci costringe a mettere in discussione tante realtà tranquillamente accolte, tante comodità e persino il nostro desiderio di trovare la vita.

Accoglienza e distacco si unificano nella pienezza dell’amore.

Esso è povertà in spirito, liberazione dal possedere e dall’egoismo.

E anche ricerca della persona sola, del povero, del malato e dell’anziano.

Tutto il discorso missionario del cap. 10 di Matteo è anche un appello all’autenticità della vita secondo lo Spirito e secondo la stessa umanità.

Paolo, a proposito della vita secondo lo Spirito, scrive nella lettera ai Romani: “Consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio in Cristo Gesù”.

Per una vita autenticamente umana si possono ricordare questi versi di C. Kavafis, poeta greco contemporaneo: “Se non puoi avere la vita che desideri, per quanto sta in te cerca almeno questo: non sciuparla nel troppo commercio con la gente, con troppe parole e in un via vai frenetico. Non sciuparla portandola in giro in balia del quotidiano gioco balordo degli incontri e degli inviti fino a farne una stucchevole estranea”.

Don Emilio