7 Maggio 2017

Carissimi Parrocchiani,

concludevo la settimana scorsa affermando che è importante leggere la Scrittura con spirito di discernimento: una cosa è il messaggio che vuole trasmettere, altro il linguaggio di cui si serve che è segnato dalla cultura del tempo e sconta sempre il limite proprio di ogni strumento umano.

Davanti a questa osservazione forse a noi viene da obiettare: Come è possibile? Non abbiamo noi a che fare con la Parola di Dio? Come tale, non va presa alla lettera?

In realtà, seguire questa strada è ingenuo perché non tiene conto che Dio si rivela servendosi di mezzi umani, in questo caso delle nostre parole. Quantunque contengano il messaggio di Dio, restano tuttavia mezzi limitati e fragili.

Si può dire che per il linguaggio della Bibbia vale quello che san Paolo dice del cristiano che nella sua fragile umanità porta in sé la presenza di Dio grazie al dono dello Spirito Santo. Assomiglia a un vaso di creta che contiene in sé un tesoro molto prezioso.

La Scrittura è questo vaso di creta nel quale Dio ha riversato il tesoro della Rivelazione. Per noi si tratta di non fermarsi all’esterno, alla scorza, ma di saper andare oltre e cogliere grazie a questo umile strumento umano l’autentico volto di Dio.

Ritornando alle affermazioni ‘problematiche’ del libro di Giosuè che sembrano offrire un volto guerresco di Dio è estremamente importante non fermarsi al linguaggio umano e discernere in quel linguaggio la verità che Dio vuole offrire di se stesso.

Senza questo lavoro di discernimento si può arrivare, a partire da queste affermazioni, a teorizzare la legittimità di ‘guerre sante’, guerre che vengono intraprese in nome di Dio.

Ma questo sarebbe frutto di una lettura fuorviante dei testi biblici. Come scrive Rossi De Gasperis: “Chi ancora oggi, in buona fede pensa di mettere la propria violenza sotto il nome di Dio, sia egli un israeliano, un cristiano o un islamico, forse fa ancora sincere opere di fede, ma è fermo a quell’intelligenza e quell’esegesi primitiva, semplicistica e fondamentalistica, della storia umana, che ispira ed è ispirata dal libro di Giosué.”

Non dobbiamo, poi, dimenticare che anche la Scrittura, pur essendo la via maestra che Dio ci ha donato per rivelare il suo volto, non toglie il velo sul mistero di Dio. Infatti, per quanto ci sia concesso di comprendere chi è Dio non lo comprenderemo mai abbastanza al punto da eliminare il mistero: il vero Dio è sempre al di là dei nostri concetti umani.

Giustamente annota ancora Rossi de Gasperis: “Un lungo cammino ci è necessario per comprendere che Dio non semplicemente un ‘non violento’, ma che la sua violenza non è come la nostra. È la violenza della sua unicità che lo rende instancabilmente fedele, della sua benedizione e dell’amore, del bene da diffondere, da restaurare, da far trionfare con i mezzi del perdono, della riconciliazione e della pace” (p. 130).

Sono perfettamente in linea con queste considerazioni quanto diceva nei giorni scorsi Papa Francesco nell’omelia tenuta il 29 aprile in occasione della sua visita apostolica in Egitto. Ricordando che la “la fede vera è quella che ci rende più caritatevoli, più misericordiosi, più onesti e più umani” spiegava che “l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui!”.

Don Luigi Pedrini