29 Giugno 2014

Carissimi Parrocchiani,

dopo alcune note introduttive sul significato dell’icona in generale, vogliamo ora porre attenzione all’immagine della “Vergine della Tenerezza” che abbiamo collocato nella nostra chiesa.

Ci aiutano a metterci in sintonia con quest’opera le parole del Salmo 131, parole con cui da secoli pregano il popolo di Israele e la Chiesa: “Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me. Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia. In effetti, guardando all’icona raffigurante la Vergine che sorregge in braccio il bambino Gesù nell’atto di stringersi a lei e di sfiorarle la guancia col volto si percepisce qualcosa della quiete e serenità a cui allude il Salmo. Su questa icona – scrive Suor Nadiamaria Zambetti – sembra caduto un riflesso di Paradiso e il nostro sguardo si sottomette volentieri a tanta bellezza” (in P. Ferrario, Nelle braccia della tenerezza, Ediz. Biblioteca Francescana, Milano 2009, p. 30).

Questa immagine della Vergine appartiene a un modello (“canone”) iconografico che in lingua greca si chiama “Eleùsa” (in lingua russa “Umilenie”) e che si traduce generalmente con il termine “tenerezza”: questo termine, riferendosi alle cose di Dio, è strettamente imparentato alla misericordia. Per tale ragione, il nome completo di questa icona è “Icona della Madre di Dio, Madre della Tenerezza e Signora della Misericordia”. Si tratta di un modello iconografico molto antico che ha avuto una notevole diffusione nel secolo XI: probabilmente, il bisogno di una rappresentazione più evidente della tenerezza misericordiosa di Dio, ha fatto sì che questa icona fosse in profonda sintonia con il clima spirituale dell’epoca.

Possiamo notare che l’icona nei suoi tratti fondamentali è semplice ed essenziale: il suo intento è di orientare l’attenzione e la devozione del credente non su dettagli secondari, ma su ciò che davvero è importante. Secondo la tradizione, questa icona vuole visibilizzare il momento in cui Maria, presagendo – anche alla luce della profezia Simeone: “Egli (Gesù) è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,34-35) – il mistero della Passione del Figlio, rinnova il ‘sì’ pronunciato nel momento dell’Annunciazione, quando offrendo a Dio la sua totale disponibilità, aveva detto: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,37). Ora, Maria con la stessa disponibilità, accoglie in sé il destino del Figlio sofferente e lo avvolge con tutta la tenerezza di cui è capace una madre. Così, questa icona rivela l’infinita misericordia di Dio verso tutte le sue creature.

“In questa luce – scrive ancora Suornadia Maria” – si spiega l’enorme diffusione di questa tipologia iconografica: tutti abbiamo bisogno di tenerezza e Dio ce la dona per la continua ed efficace implorazione della Madre sua madre nostra, che ha conosciuto personalmente la spada del dolore e il peso della croce e, quindi, può comprendere ogni umano patire” (p. 31).

Don Luigi Pedrini