Avvisi – 15 Marzo 2015

AVVISI IN GENERALE

  • Lunedì 16 c.m., alle ore 21.00: Prove di canto per il coro.
  • Martedì 17 c.m., alle ore 21.00: Riunione con i Membri del Consiglio Affari Economici
  • Continuo la benedizione delle case: dovrei completare Motta San Damiano, arrivando alla fine della settimana in Strada Bassa.
  • Domenica prossima, in oratorio, a partire dalle ore 15,00: preparazione delle Palme.

INCONTRI DI CATECHESI

  • La Festa della Gioia per le previsioni del tempo instabile è stata sospesa.
  • Venerdì 13 c.m., ore 21.00: Catechismo per i ragazzi di 1 Media.

ADORAZIONE EUCARISTICA E CONFESSIONI

  • Questo giovedì è sospesa alla sera la preghiera davanti all’Eucaristia essendoci l’adorazione eucaristica vicariale a Pieve Porto Morone.
  • Venerdì ore 15.30: Esposizione. Ore 15,55: Rosario. Ore 16.20: Benedizione e reposizione.
  • Sabato ore 10.00-11.30: Confessioni.

15 Marzo 2015

Carissimi Parrocchiani,

prima di congedarci da questo secondo episodio del cammino spirituale di Mosè voglio raccogliere qualche insegnamento per la nostra vita.

La straordinaria esperienza che Mosè vive sul monte Oreb mette in luce alcune condizioni fondamentali che favoriscono l’autentica esperienza di Dio. Anzitutto, la solitudine nella quale Mosè vive l’incontro con Dio, ricorda l’importanza del silenzio.

“Oggi noi abbiamo perso l’abitudine al silenzio”: l’osservazione anche se è stata fatta alcuni fa dallo scrittore Mario Pomilio, rimane alquanto attuale. L’invadenza dei mass media rischia di privarci totalmente di questa dimensione. Forse questa fuga dal silenzio nasce da un bisogno eccessivo di essere sempre connessi per il desiderio di avere informazioni su tutto o forse è motivata dal fatto – come annotava ancora lo scrittore – “che abbiamo paura di confrontarci con la verità”. Per questa strada, però – metteva in guardia lo scrittore – “non possiamo crescere: siamo condannati alla mediocrità”.

Un altro scrittore che ha richiamato il valore del silenzio è Carlo Carretto. Egli nel 1954 si è trasferito per un certo tempo nel deserto per trovare spazi di raccoglimento e di preghiera. Così, ha giustificato la sua scelta: “Vado nel deserto per disintossicarmi da una vita nella quale non trovo più Dio”. Da quell’esperienza ha tratto, poi, un libro intitolato Lettere dal deserto nel quale confessa di aver ritrovato in quella solitudine la capacità di guardare le stelle, il cielo, il sole, un tramonto, il movimento della sabbia, un fiore; di aver recuperato la sintonia con il messaggio delle cose, che è voce di Dio; ma soprattutto di aver trovato nuovamente il senso vivo della presenza di Dio e, insieme, la pace con se stesso. Quella di Carretto è, indubbiamente, una scelta estrema che richiede, peraltro, una preparazione e anche una certa predisposizione. Certo è che tutti abbiamo bisogno di trovare nella nostra vita momenti di silenzio: passa di lì la strada per scoprire la presenza di Dio in noi e intorno a noi.

Ma come potremmo definire propriamente il silenzio? Così risponde il Card. Martini: “Il silenzio è qualcosa che oggi non c’è praticamente quasi più in nessun luogo (forse sulla cima di un ghiacciaio, ma quando non passano vicino impianti di risalita per sciatori!). […] Per tentare qualche chiarimento, possiamo dire che il silenzio non è mutismo, cioè assenza di parola, di comunicazione. […] Il silenzio è quella condizione mediante la quale io riesco ad ascoltare veramente una persona. Dunque, quando ascolto davvero me stesso – ciò che capita forse molto di rado – allora comincio a capire cos’è davvero il silenzio; o quando ascolto davvero un altro, senza sovrapporre le mie parole e i miei pensieri. E ancora di più comincio a capire cos’è il silenzio, quando mi metto davvero ad ascoltare Dio. […] È una perla preziosa, e bisogna scavare molto a fondo nella propria vita e nel proprio ambiente per trovarla. Ma, grazie, a Dio, esiste e se qualcuno la cerca la troverà” (C. M. Martini, Il silenzio, Piemme, Casale Monferrato, 19943).

Don Luigi Pedrini

Avvisi – 08 Marzo 2015

AVVISI IN GENERALE

  • Martedì 10 c.m. porterò la Comunione agli ammalati di Vaccarizza. Motta, Strada Bassa. Mercoledì (essendo venerdì impegnato) a San Leonardo. – Alle ore 21.00: Prove di canto per il coro. Sempre alle ore 21.00: Riunione con i catechisti.
  • In questa settimana inizio la benedizione delle case: Martedì e mercoledì a Vaccarizza; giovedì e venerdì a Motta San Damiano. Prima arriva l’avviso.
  • Venerdì 13 c.m., ore 21.00: Preghiera a Belgioioso.

INCONTRI DI CATECHESI

  • Domenica 8 marzo, ore 10.00: Catechismo dei ragazzi di 2° e 3° elementare. Catechismo per i ragazzi di 4° e 5° Elementare e incontro per i loro genitori. Con i genitori dei ragazzi di 4° ci si accorderà riguardo alle celebrazioni della Prima confessione (12 aprile) e della Prima Comunione (10 maggio).
  • Lunedì 9 c.m., ore 21.00: Incontro di catechesi per adulti. Tema “Le opere di misericordia spirituale: Insegnare agli ignoranti; ammonire i peccatori”.
  • Venerdì 13 c.m., ore 21.00: Catechismo per i ragazzi di 1 Media.
  • Domenica 15 marzo, nel pomeriggio, a Pavia: Festa della Gioia. Ritrovo alle ore 14.30 davanti alla Chiesa Parrocchiale con le macchine. A Pavia: ore 15.00, marcia per le vie della città; preghiera in Cattedrale con il Vescovo; merenda insieme in Piazza Duomo.

ADORAZIONE EUCARISTICA E CONFESSIONI

  • Giovedì ore 21.00: Esposizione eucaristica. Segue la recita dei Vespri. Quindi, la preghiera personale. Alle ore 21.45: recita di Compieta e reposizione.
  • Venerdì ore 15.30: Esposizione. Ore 15,55: Rosario. Ore 16.20: Benedizione e reposizione.
  • Sabato ore 10.00-11.30: Confessioni.

08 Marzo 2015

Carissimi Parrocchiani,

abbiamo lasciato Mosè che, davanti al roveto, vive l’esperienza inattesa dell’incontro con Dio: un Dio che lo cerca, un Dio che lo chiama per nome e che, da come si presenta, lascia trasparire quanto sia vicino a lui e al popolo di Israele oppresso in Egitto.

Ora, dopo le parole di presentazione, Dio dichiara espressamente ciò che sta per realizzare a favore del suo popolo e per il quale chiede la disponibilità a Mosè.
7Il Signore disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. 8Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. 9Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono (Es 3,7-9).
In questi versetti possiamo notare come è forte l’accento di Dio sul fatto che l’iniziativa è sua: “Ho osservato… ho udito … conosco… sono sceso… ho visto”. Di riflesso possiamo cogliere in questa sottolineatura anche un velato rimprovero nei confronti di Mosé. Un rimprovero che, con le parole del Card. Martini, potremmo esplicitare così: “Vedi Mosè credevi di essere tu a farti carico del mio popolo e di dover fare tu da intermediario verso di me perché io mi rendessi sensibile. Tu non hai mai pensato che questo potesse essere opera mia e, ingenuamente, ti sei buttato a piene mani come se tutto dipendesse da te e non da me. Adesso devi ripensare tutto in questa ottica”.

Dunque, Mosè è invitato a rileggere gli avvenimenti del suo popolo mettendosi dal punto di vista di Dio. Dio, da parte sua, ritiene che Mosè sia ormai pronto per fare questo passaggio di conversione. Ed ecco, allora, il mandato che gli affida: “Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!” (v. 10).

Possiamo cogliere in questa richiesta tutta l’arte pedagogica di Dio: Egli ha saputo attendere molti anni e ha portato Mosè a distaccarsi gradualmente dal suo protagonismo. Ora che lo ha aiutato anche a rendersi conto che il vero protagonista è Lui, lo rimanda in Egitto: “Io ti mando dal faraone”. In tutto questo, non dice una parola su quello che quarant’anni prima è accaduto e con la sua parola autorevole invia Mosè proprio là dove a suo tempo ha fallito ed è stato costretto a fuggire. In questo modo, Dio riprende in mano le fila sparse della vita di Mosè e lo rimette in cammino.

Contemplando Mosè che ritorna sui suoi passi e si prepara a presentarsi al faraone per chiedere la liberazione del suo popolo, viene da dire sta che sta chiudendo una parentesi della sua vita e ritorna al punto di partenza; in realtà, non è proprio così. Infatti, le stesse cose ora sono vissute da Mosè con uno spirito diverso: egli sa bene che ciò che lo attende non è opera sua, ma è opera di Dio.

Don Luigi Pedrini

Suor Panacea

Suor Panacea
Suor Panacea

I comuni di Valle Salimbene e Linarolo,
unitamente a tutta la Comunità di San Leonardo,
annunciano la scomparsa di

 Maria Tara
Suor Panacea

La Cara Salma riposa presso l’Istituto Suore Missionarie Immacolata Regina Della Pace in Via Mazza – Mortara e
Sabato 7 Marzo ore 10  giungerà nella Chiesa Parrocchiale
di S. Leonardo ove si svolgeranno i funerali,
indi la tumulazione nel Cimitero Locale.

SuorPanacea

Avvisi – 1 Marzo 2015

  • Martedì 24 c.m., ore 21.00: Prove di canto
  • Venerdì 27 c.m., ore 20.45: Via Crucis
INCONTRI DI CATECHESI
  • Domenica 1 marzo, ore 10.00:
    Catechismo dei ragazzi di 4° e 5° elementare.
    Alle 15.15, catechismo dei ragazzi di 1°, 2°, 3° elementare e incontro per i loro genitori.
  • Venerdì ore 21.00: Catechismo per i ragazzi di 1 Media.
  • Sabato 7 marzo, ore 18.30, in Oratorio: Incontro degli adolescenti.
  • Domenica 8 marzo, ore 15.15:
    Catechismo per i ragazzi di 4° e 5° Elementare e incontro per i loro genitori.
    Con i genitori dei ragazzi di 4° ci si accorderà riguardo alle celebrazioni della Prima confessione (12 aprile) e della Prima Comunione (10 maggio).
 ADORAZIONE EUCARISTICA E CONFESSIONI
  • Giovedì ore 21.00: Esposizione eucaristica.
    Segue la recita dei Vespri.
    Quindi, la preghiera personale.
    Alle ore 21.45: recita di Compieta e reposizione.
  • Venerdì ore 15.30: Esposizione.
    Ore 15,55: Rosario.
    Ore 16.20: Benedizione e reposizione.
  • Sabato ore 10.00-11.30: Confessioni.

01 Marzo 2015

Carissimi Parrocchiani,

Mosè ha ormai compiuto la salita sul monte e ha davanti a sé il roveto che brucia senza consumarsi. Sta per avvicinarsi, quando Dio dal roveto lo chiama: “Mosè, Mosè!”. In quel luogo deserto Mosè si sente chiamare per nome due volte e anche se il suo “Eccomi” di risposta è pronto, deve essere stato grande lo sconcerto che ha provato: un miscuglio di paura e di meraviglia.

Il nome viene ripetuto due volte. Nella Bibbia è una cosa abbastanza rara e, in genere, avviene nel momento in cui una persona deve fare un passo in avanti nel suo cammino di fede. Pensiamo ad esempio ad Abramo chiamato due volte perché desista dal sacrificare il proprio figlio Isacco (Gen 22,1). Pensiamo a Marta che Gesù chiama ripetendo per due volte il suo nome per invitarla a distaccarsi dalle occupazioni e a dare più spazio alla sua iniziativa e all’ascolto della Parola.

Qualcosa del genere Dio sta per chiedere a Mosè: egli, chiamato per due volte da Dio, si rende conto che sta per vivere un momento importante e che la sua vita è giunta a un bivio decisivo.

Dio riprende a parlargli e gli rivolge parole inaspettate: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!” (v. 5). Dunque, Mosè non si sente dire: “Bravo, Mosè. Sei stato coraggioso e generoso. Non hai esitato a separarti dal tuo gregge per venire fin qui”, ma: “Non avvicinarti, togliti i sandali”.

Mosè era intenzionato ad avvicinarsi al roveto per contemplare quel prodigio, ma porta ancora in sé la sua visuale riguardo a Dio e al suo modo di agire nella storia. Egli ha bisogno di liberarsi dai piccoli schemi nei quali è tentato di racchiudere Dio. Questo è il significato di quel comando: “Togliti i sandali”. È come se Dio gli dicesse: “Vedi Mosè se vuoi stare alla mia presenza, se vuoi incontrarmi, devi toglierti i sandali, cioè devi mettere da parte le idee anguste che nutri a mio riguardo e aprirti alla novità del mistero. Non sei tu che devi tirare me sulla tua lunghezza d’onda, ma il contrario”.

A questo punto Dio si auto presenta: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio (v. 6).

Con questa dichiarazione Dio aiuta Mosè a scoprire il suo vero volto: Egli non è un Dio lontano e sconosciuto. È un Dio familiare, che si è legato ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe. È il Dio che è entrato personalmente nella storia di queste famiglie e si è legato al popolo nato da loro con un patto di fedeltà.

Con questa rivelazione Dio invita Mosè a ricordarsi della storia del suo popolo e a prendere le distanze dalla tentazione – che doveva essere forte in lui dopo il fallimento subito in Egitto – di rimuoverla. Dunque, Mosè è chiamato a riappropriarsi di quel passato nel quale Dio si è fatto presente testimoniando la sua cura fedele verso il popolo di Israele: la promessa che ha fatto ad Abramo, a Isacco, a Giacobbe rimane valida e andrà a compimento.

Don Luigi Pedrini

Avvisi – 22 Febbraio 2015

Appuntamenti Quaresimali

  • Lunedì 23 c.m. ore 21.00: Incontro di catechesi per adulti.
    Tema “Le opere di misericordia spirituale: consolare gli afflitti; perdonare le offese ricevute”.
  • Venerdì 27 c.m., ore 20.45: Via Crucis
  • Martedì 24 c.m., ore 21.00: Prove di canto
  • Venerdì ore 21.00: Catechismo per i ragazzi di 1 Media.
    Invito gli altri ragazzi 2 e 3 Media alla Via Crucis.
    Ugualmente i ragazzi delle elementari perché aiutino a utilizzare le rappresentazioni delle stazioni.
  • Domenica 1 marzo, ore 15.15, catechismo dei ragazzi di 1°, 2°, 3° elementare e incontro per i loro genitori.
  • Sabato ore 10.00-11.30: Confessioni.
    Invito i ragazzi a venire per le ore 10.30.

22 Febbraio 2015

Carissimi Parrocchiani,

l’ultima volta abbiamo visto che Mosè, davanti al fenomeno strano di un roveto che brucia senza consumarsi, ha il cuore affastellato di tante domande a cui non sa dare una spiegazione. Potrebbe disinteressarsi e desistere dal cercare una risposta e, invece, decide di rendersi conto di persona di quello che sta accadendo.: “Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia” (v. 3).

Mosè si domanda: “perché?”, come mai? Egli è un uomo ancora capace di interrogarsi e di lasciarsi inquietare dalle domande che si porta dentro. Sono passati parecchi anni da quando coltivava i suoi sogni giovanili. Ora è un uomo di ottant’anni. Eppure, non è un uomo che ha chiuso con la partita della vita, che ritiene di aver ormai compreso tutto e che la vita non possa più riservagli sostanziali novità. Mosè è un uomo ancora disposto a imparare.

Stefano nel discorso che ha tenuto poco prima di morire e che possiamo leggere nel libro degli Atti degli Apostoli (cfr At 5-7), riferendosi proprio a questo episodio, dice che Mosè davanti allo spettacolo che stava sotto i propri occhi “si meravigliò”, cioè “rimase stupito”. Dunque, Mosè in quel frangente si è lasciato prendere dalla meraviglia che è l’atteggiamento tipico del bambino sempre capace di interessarsi per qualcosa di nuovo.

“Voglio avvicinarmi”: gli esegeti fanno notare che il verbo ebraico ‘avvicinarsi’ (sur) letteralmente significa ‘fare una diversione’, ‘fare un giro lungo’. Dunque, questo verbo esprime la volontà chiara di rendersi conto di quello che sta accadendo anche a costo di esporsi alla fatica e a qualche rischio. Concretamente, per Mosè si trattava di lasciare la pianura dove stava pascolando il gregge, salire il sentiero e attraverso lunghi giri passare dal pianoro inferiore a quello superiore.

Mosè accetta la fatica dell’ascesa e anche il rischio che comporta: infatti, fare quella diversione voleva dire lasciare incustodito il gregge, salire sotto il sole e, forse, anche esporsi a qualche pericolo.

Tutto questo è, in ogni caso, rivelativo della giovinezza interiore di Mosè. Quantunque da quarant’anni viva nel deserto dove ha ormai una famiglia consolidata, è un pastore a tutti gli effetti e può sentirsi un uomo arrivato, ha resistito alla tentazione della rassegnazione e ha custodito un atteggiamento di vigilanza e di apertura ale sorprese della vita: Mosè è davvero un uomo pronto per una nuova infanzia spirituale, maturo per ricevere la novità che Dio sta portando nella sua vita.

Don Luigi Pedrini

Messaggio per la Quaresima 2015

Cari fratelli e sorelle,

la Quaresima è un tempo di rinnovamento per la Chiesa, le comunità e i singoli fedeli. Soprattutto però è un “tempo di grazia” (2 Cor 6,2). Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade.

Però succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene. Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare. Quando il popolo di Dio si converte al suo amore, trova le risposte a quelle domande che continuamente la storia gli pone.

Una delle sfide più urgenti sulla quale voglio soffermarmi in questo Messaggio è quella della globalizzazione dell’indifferenza. L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano. Dio non è indifferente al mondo, ma lo ama fino a dare il suo Figlio per la salvezza di ogni uomo. Nell’incarnazione, nella vita terrena, nella morte e risurrezione del Figlio di Dio, si apre definitivamente la porta tra Dio e uomo, tra cielo e terra.

E la Chiesa è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, la testimonianza della fede che si rende efficace nella carità (cfr Gal 5,6). Tuttavia, il mondo tende a chiudersi in se stesso e a chiudere quella porta attraverso la quale Dio entra nel mondo e il mondo in Lui. Così la mano, che è la Chiesa, non deve mai sorprendersi se viene respinta, schiacciata e ferita.

Il popolo di Dio ha perciò bisogno di rinnovamento, per non diventare indifferente e per non chiudersi in se stesso. Vorrei proporvi tre passi da meditare per questo rinnovamento.

1. “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono” (1 Cor 12,26) – La Chiesa La carità di Dio che rompe quella mortale chiusura in se stessi che è l’indifferenza, ci viene offerta dalla Chiesa con il suo insegnamento e, soprattutto, con la sua testimonianza. Si può però testimoniare solo qualcosa che prima abbiamo sperimentato. Il cristiano è colui che permette a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirlo di Cristo, per diventare come Lui, servo di Dio e degli uomini. Ce lo ricorda bene la liturgia del Giovedì Santo con il rito della lavanda dei piedi. Pietro non voleva che Gesù gli lavasse i piedi, ma poi ha capito che Gesù non vuole essere solo un esempio per come dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri. Questo servizio può farlo solo chi prima si è lasciato lavare i piedi da Cristo. Solo questi ha “parte” con lui (Gv 13,8) e così può servire l’uomo. La Quaresima è un tempo propizio per lasciarci servire da Cristo e così diventare come Lui. Ciò avviene quando ascoltiamo la Parola di Dio e quando riceviamo i sacramenti, in particolare l’Eucaristia. In essa diventiamo ciò che riceviamo: il corpo di Cristo. In questo corpo quell’indifferenza che sembra prendere così spesso il potere sui nostri cuori, non trova posto. Poiché chi è di Cristo appartiene ad un solo corpo e in Lui non si è indifferenti l’uno all’altro. “Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1 Cor 12,26). La Chiesa è communio sanctorum perché vi partecipano i santi, ma anche perché è comunione di cose sante: l’amore di Dio rivelatoci in Cristo e tutti i suoi doni. Tra essi c’è anche la risposta di quanti si lasciano raggiungere da tale amore. In questa comunione dei santi e in questa partecipazione alle cose sante nessuno possiede solo per sé, ma quanto ha è per tutti. E poiché siamo legati in Dio, possiamo fare qualcosa anche per i lontani, per coloro che con le nostre sole forze non potremmo mai raggiungere, perché con loro e per loro preghiamo Dio affinché ci apriamo tutti alla sua opera di salvezza.

2. “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9) – Le parrocchie e le comunità Quanto detto per la Chiesa universale è necessario tradurlo nella vita delle parrocchie e comunità. Si riesce in tali realtà ecclesiali a sperimentare di far parte di un solo corpo? Un corpo che insieme riceve e condivide quanto Dio vuole donare? Un corpo, che conosce e si prende cura dei suoi membri più deboli, poveri e piccoli? O ci rifugiamo in un amore universale che si impegna lontano nel mondo, ma dimentica il Lazzaro seduto davanti alla propria porta chiusa ? (cfr Lc 16,19-31).

Per ricevere e far fruttificare pienamente quanto Dio ci dà vanno superati i confini della Chiesa visibile in due direzioni. In primo luogo, unendoci alla Chiesa del cielo nella preghiera. Quando la Chiesa terrena prega, si instaura una comunione di reciproco servizio e di bene che giunge fino al cospetto di Dio. Con i santi che hanno trovato la loro pienezza in Dio, formiamo parte di quella comunione nella quale l’indifferenza è vinta dall’amore. La Chiesa del cielo non è trionfante perché ha voltato le spalle alle sofferenze del mondo e gode da sola. Piuttosto, i santi possono già contemplare e gioire del fatto che, con la morte e la resurrezione di Gesù, hanno vinto definitivamente l’indifferenza, la durezza di cuore e l’odio. Finché questa vittoria dell’amore non compenetra tutto il mondo, i santi camminano con noi ancora pellegrini. Santa Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa, scriveva convinta che la gioia nel cielo per la vittoria dell’amore crocifisso non è piena finché anche un solo uomo sulla terra soffre e geme: “Conto molto di non restare inattiva in cielo, il mio desiderio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime” (Lettera 254 del 14 luglio 1897).

Anche noi partecipiamo dei meriti e della gioia dei santi ed essi partecipano alla nostra lotta e al nostro desiderio di pace e di riconciliazione. La loro gioia per la vittoria di Cristo risorto è per noi motivo di forza per superare tante forme d’indifferenza e di durezza di cuore. D’altra parte, ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini. Questa missione è la paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l’amore non può tacere.

La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni uomo, fino ai confini della terra (cfr At 1,8). Così possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo è morto ed è risorto. Quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche per loro. E parimenti, quanto questi fratelli possiedono è un dono per la Chiesa e per l’umanità intera. Cari fratelli e sorelle, quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!

3. “Rinfrancate i vostri cuori !” (Gc 5,8) – Il singolo fedele Anche come singoli abbiamo la tentazione dell’indifferenza. Siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire. Che cosa fare per non lasciarci assorbire da questa spirale di spavento e di impotenza? In primo luogo, possiamo pregare nella comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera di tanti! L’iniziativa 24 ore per il Signore, che auspico si celebri in tutta la Chiesa, anche a livello diocesano, nei giorni 13 e 14 marzo, vuole dare espressione a questa necessità della preghiera.

In secondo luogo, possiamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani, grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La Quaresima è un tempo propizio per mostrare questo interesse all’altro con un segno, anche piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione alla comune umanità. E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli. Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. enc. Deus caritas est, 31).

Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro. Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi Cristo in questa Quaresima: “Fac cor nostrum secundum cor tuum”: “Rendi il nostro cuore simile al tuo” (Supplica dalle Litanie al Sacro Cuore di Gesù). Allora avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.

Dal Vaticano, 4 ottobre 2014

Festa di San Francesco d’Assisi