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02 SETTEMBRE 2018

Carissimi Parrocchiani,

dopo aver focalizzato l’amicizia esemplare che si è instaurata tra Davide e Gionata, passiamo ora a una seconda focalizzazione: poniamo attenzione alle virtù che risaltano nell’umanità di Davide e che la rendono luminosa, schietta, lasciando trasparire la fede quale loro anima e centro unificatore.

Sono molteplici le virtù che rendono bella la testimonianza del giovane Davide e lo rivelano come pastore secondo il cuore di Dio.

Anzitutto, la virtù del coraggio. Ne è prova la vicenda del duello da lui sostenuto con Golia nel quale si espone prontamente al pericolo, non li lascia bloccare dalla paura che teneva in scacco tutti gli israeliti. La sua testimonianza di coraggio non nasce da spavalderia o da esuberanza giovanile come insinua il fratello maggiore. Nasce, invece, dall’atteggiamento tipico del credente che ha la certezza di poter sempre contare su Dio. Sono emblematiche le parole che Davide pronuncia prima di affrontare il duello: “Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell’orso, mi libererà anche dalle mani di questo filisteo (1 Sam 17,37); “Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore” 1 Sam 17,45). Rivelano su quale fondamento poggia il coraggio del credente: egli non è un eroe o un superuomo; è solo un uomo di fede che ripone in Dio tutta la sua speranza.

Insieme al coraggio risplende anche la virtù della lealtà. Possiamo intendere questa virtù come un muoversi in trasparenza, senza secondi fini, né infingimenti e ugualmente come fedeltà alla parola data. Tutto questo si vede bene nel suo rapporto di amicizia con Gionata. Davide manifesta all’amico i suoi timori, le sue intenzioni: non gli nasconde nulla. L’impegno che si era preso con lui di usare sempre benevolenza verso la sua famiglia mantiene fino alla fine della sua vita. Anche quando patirà sofferenze e umiliazioni proprio da persone che appartengono alla famiglia di Saul, egli userà sempre nei loro confronti un atteggiamento di misericordia proprio per rimanere fedele alla promessa fatta all’amico.

Oltre al coraggio e alla lealtà dobbiamo ricordare la virtù della pazienza. Questa virtù risplende nella capacità di Davide di rispettare i tempi ‘lunghi’ di Dio. Quanto tempo passa dal momento in cui Samuele lo consacra quale successore di Saul e il momento in cui comincia a regnare. Quanti anni e quante vicissitudini!

Ma di questo parleremo la prossima volta.

Don Luigi Pedrini

05 AGOSTO 2018

Carissimi Parrocchiani,

alla luce di quanto abbiamo detto, sia riferendo i momenti salienti del legame di amicizia tra Davide e Gionata, sia riferendo le esperienze di amicizia vissute da Gesù, possiamo mettere in risalto alcune caratteristiche fondamentali di questa straordinaria esperienza umana.

Una prima caratteristica è il suo carattere di spontaneità e di sorpresa. L’amicizia non è frutto di calcolo, di programmazione: nasce semplicemente in modo non preventivato e improvviso. È pertanto un dono da accogliere con gratitudine. Certamente, si può parlare di una preparazione ‘remota’ al dono di amicizia che si realizza mediante la coltivazione e la custodia di atteggiamenti quali la benevolenza, il rispetto, la bontà verso gli altri. Questi atteggiamenti creano un terreno ben disposto perché possa fiorire l’amicizia che, in ogni caso, conserva il suo carattere di dono gratuito.

Un’altra caratteristica è costituita dal legame di fedeltà che la connota. Si tratta di un legame solido, che non si lascia intimorire da nessuna difficoltà e che si espone anche al rischio della morte. La vera amicizia è animata da una fedeltà disposta a dare tutto, anche la vita se necessario. Sia nell’amicizia tra Davide e Gionata, sia in quella vissuta da Gesù abbiamo riscontrato questa fedeltà senza riserve disposta a tutto per l’amico.

Una terza caratteristica è il tratto di consolazione che è insito in ogni esperienza di amicizia. Da questo punto di vista l’amicizia è un vero balsamo che ristora e dà speranza. Nel buio delle prove vissute da Davide in seguito alla persecuzione di Saul nei suoi confronti, l’amicizia con Gionata è stata per lui un costante faro di luce. Ugualmente, possiamo immaginare che per Gesù essere ospite nella casa di Betania, in compagnia dell’amico Lazzaro e delle sue sorelle Marta e Maria, nel mezzo di giornate faticose vissute non di rado in un bagno di folla che gli faceva ressa attorno presentando le necessità più diverse, era fonte di grande consolazione e pace. Poche cose danno sapore e bellezza alla vita come la freschezza dei rapporti umani vissuti nella loro immediatezza e semplicità.

In conclusione, dai testi che abbiamo richiamato, emerge con chiarezza che le relazioni di amicizia sono realtà buone in sé stesse, così come lo sono tutte le realtà che vengono da Dio. Emerge inoltre che l’amicizia può essere addirittura suggellata con un patto di fedeltà reciproco stipulato davanti al Signore. Così è avvenuto nel legame di amicizia che si è instaurato tra Davide e Gionata. Anche Gesù ha voluto suggellare la sua amicizia con noi lasciandoci un segno perenne: questo segno è l’Eucaristia. In questo sacramento noi possiamo scorgere i tratti di un amore fedele, perseverante, che è arrivato per noi fino al dono supremo di sé.

In questo modo, la nostra riflessione sull’amicizia non ci conduce soltanto all’apprezzamento del dono dell’amicizia – traguardo non da poco -, ma ci innalza fino alla contemplazione e all’adorazione dell’Eucaristia quale modello insuperabile e compiuto di ogni legame di amicizia.

Possiamo terminare con le parole del Salmo 133: Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme! È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste. È come la rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion. Perché là il Signore manda la benedizione, la vita per sempre.

Don Luigi Pedrini

29 LUGLIO 2018

Carissimi Parrocchiani,

stiamo considerando i testi del quarto vangelo in cui si fa riferimento all’amicizia di Gesù con l’apostolo Giovanni. Ci siamo soffermati sui primi quattro testi. Ne resta ancora uno che si trova nell’ultimo capitolo del Vangelo, il capitolo 21, ai versetti 4-7 e 20-23.

Il rimando a Giovanni si trova all’interno dell’episodio della pesca miracolosa avvenuta dopo la risurrezione di Gesù. Alcuni apostoli, accogliendo l’invito di Pietro, vanno a pescare, ma questo primo tentativo non ottiene alcun frutto. Fa seguito una seconda pescagione intrapresa in obbedienza all’invito rivolto loro da un uomo sconosciuto a gettare nuovamente la rete e questa volta la pesca è straordinariamente abbondante: la gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. La reazione di Giovanni di fronte a questo esito sorprendente è stata immediata: Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore! “ (v. 7). Dunque, Giovanni per primo riconosce che quell’uomo è Gesù risorto.

L’episodio, come già quelli precedenti, conferma che quando si realizza pienamente il connubio fra fede e amore allora si è nelle condizioni di vedere anche ciò che immediatamente sfugge allo sguardo. La fede rischiarata dall’amore vede più in profondità e per questo Giovanni, il discepolo amato, è il primo a riconoscere Gesù.

Il testo continua offrendo una seconda menzione di Giovanni. Pietro infatti, dopo che Gesù gli ha predetto il cammino che lo attende e che lo porterà a testimoniare la sua vita fino al dono di sé, gli chiede qualche notizia sul destino futuro di Giovanni: “Signore, che cosa sarà di lui? “ (v. 22). La risposta di Gesù è una contro-domanda (“Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi”, v. 22) nella quale non precisa cosa sarà di lui, ma sembra alludere a una vita longeva. In effetti, Giovanni non andrà incontro al martirio come è avvenuto per la maggior parte dei dodici apostoli. Morirà anziano non senza aver prima assolto quel compito di custodia e di filiazione spirituale nei confronti di Maria che Gesù gli aveva affidato.

Al termine di questa rassegna di testi è giusto domandarci per quale ragione Gesù abbia instaurato questo rapporto preferenziale di amicizia con Giovanni. Così risponde il card. Martini: (I testi citati) richiedono una prolungata contemplazione e potremmo chiedere al Signore di farci comprendere il mistero del suo amore per questo discepolo. È difficile infatti dire perché Gesù lo amasse di un amore preferenziale. È il discepolo della prima ora, è colui che ha immerso lo sguardo nella profondità del cuore di Cristo e ha capito come Gesù uomo amasse gli uomini con il cuore del Figlio di Dio. È Giovanni che ha vissuto questa amicizia dalla quale è nato il Vangelo dell’amore (p. 134).

Questa risposta se da una parte invita a rispettare il mistero proprio di ogni elezione da parte del Signore, dall’altra sembra dire che diversi fattori hanno contribuito al sorgere di questa amicizia: il fatto che Giovanni si sia affiancato a Gesù fin dai primi passi del suo ministero; una naturale sintonia interiore per cui Giovanni comprendeva più in profondità ciò che Gesù stava vivendo per amore nostro.

Ma forse la ragione per cui Giovanni ha beneficiato di questa particolare amicizia è sottesa all’ultima affermazione del Card. Martini: È Giovanni che ha vissuto questa amicizia dalla quale è nato il Vangelo dell’amore. Giovanni era chiamato ad essere il testimone del Vangelo dell’amore e per questo ha ricevuto quel “di più” di amore che lo ha abilitato a questo compito. Come Giuseppe d’Egitto ha ricevuto da Dio quell’amore preferenziale che gli ha consentito di essere strumento di riconciliazione e rivelazione nella sua persona dell’amore di Dio che affratella tutti, così Giovanni ha fatto un’esperienza di amore più profonda per essere in grado di farla comunicarla a tuffi al fine di rendere anche noi partecipi di questo dono.

 Don Luigi Pedrini

15 LUGLIO 2018

Carissimi Parrocchiani,

a completamento di quanto già detto sulle esperienze di amicizie di Gesù resta ora da considerare la sua amicizia con l’apostolo Giovanni, l’autore del quarto Vangelo, il Vangelo che più di ogni altro parla dell’amore di Dio verso di noi.

Giovanni parlando della sua amicizia con il Signore lo fa con molta discrezione: parla di sé in terza persona autodesignandosi con il titolo di “discepolo che Gesù amava”.

Cinque sono i testi in cui nel quarto Vangelo c’è un rimando diretto a questa amicizia. Il primo testo – Gv 13,27-29 – riferisce il gesto confidenziale con cui Giovanni, durante l’Ultima Cena dopo che Gesù ha svelato ai Dodici che fra loro c’era uno che stava tramando contro di lui per consegnarlo ai suoi nemici, sollecitato da Pietro, si china sul petto di Gesù per domandargli chi è colui che sta per tradirlo. C’è dunque questo gesto confidenziale che rivela un rapporto di particolare familiarità che Giovanni ha con il Maestro.

Nel secondo testo – Gv 19,25-27 – si riferiscono le parole che Gesù ha rivolto stando in croce, poco prima di morire, a Maria e a Giovanni che gli erano vicini. Disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. 27Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. La consegna di Maria a Giovanni – consegna che lo riveste di un’importante responsabilità in quanto Giovanni rappresenta in quel momento tutta la Chiesa chiamata ad accogliere Maria come Madre – mette in luce un altro aspetto che contrassegna la vera amicizia. Ricorda che essa non si chiude nella sfera del privato, ma viene assunta e messa a servizio del disegno di Dio così da diventare responsabilità e dono per tutti.

I testi di Gv 20,2-4 e 21,7 rivelano un’altra peculiarità propria dell’amicizia autentica: l’affinità spirituale che essa genera favorisce la reciproca conoscenza ed è in grado di illuminare anche i tratti di buio che si possono incontrare.

Nel primo testo si riferisce, infatti, che Giovanni e Pietro vanno insieme alla tomba di Gesù per verificare di persona se sia veramente aperta e se è scomparso il corpo del Signore. Entrambi entrano nella grotta del sepolcro e vedono che il cadavere di Gesù non c’è più, le bende sono posate sulla roccia, mentre il sudario sta piegato in un luogo a parte. Quantunque la scena che sta davanti ai loro occhi sia la stessa, diversa è tuttavia la reazione: solo del discepolo che Gesù amava si dice che “vide e credette” per dire che a lui sono bastati quei segni per rendersi conto di ciò che era accaduto.

In questa stessa linea si pone anche l’altro testo. Riferisce che Gesù dopo la sua apparizione appare agli apostoli sulla riva del lago di Galilea. Tutti vedono quell’uomo che li esorta a gettare nuovamente le reti per la pesca, ma solo Giovanni, dopo l’esito favorevole della pesca fatta, riconosce che è Gesù e dice a tutti: “È il Signore”.

I due testi concordano nel dire che l’amicizia autentica favorisce una conoscenza della persona a cui si vuole bene che va al di là dei ragionamenti umani. Sant’Agostino proprio in considerazione di questo scriverà: Ubi amor, ibi oculus volendo dire che l’amore illumina gli occhi e permette loro di vedere ciò che la mente da sola non è in grado di vedere.

Occorre a questo punto ricordare un ultimo testo e precisamente Gv 21,20-2, ma completeremo la prossima volta.

Don Luigi Pedrini

08 LUGLIO 2018

Carissimi Parrocchiani,

considerando l’esperienza di amicizia vissuta da Gesù e riferita nei Vangeli non possiamo non ricordare la sua amicizia con Lazzaro. Ne parla con precisione san Giovanni là dove riferisce prima la morte di Lazzaro e poi la sua risurrezione dai morti operata da Gesù.

In questi testi Lazzaro viene più volte qualificato come l’ “amico” di Gesù. Proprio su questo legame fanno leva le sue sorelle, Marta e Maria, per sollecitare Gesù a far visita al fratello ammalato. Infatti, mandarono a dirgli: “Signore, ecco, colui che tu ami è malato ” (Gv 11,3).

Gesù stesso per giustificare di fronte agli apostoli la sua decisione di ritornare in Giudea, regione dalla quale si era allontanato per l’ostilità che si era creata attorno a Lui, dichiara: “Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato, ma io vado a svegliarlo “ (Gv 11,11).

L’evangelista annota che Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro (v. 5). E poco dopo, riferendo la profonda commozione fino al pianto provata da Gesù nel trovarsi di fronte al sepolcro dell’amico, riporta anche le parole di commento dei Giudei: “Guarda come lo amava” (Gv 11,35).

Dunque, stando alla testimonianza di Giovanni, fra Gesù e Lazzaro si è instaurata una profonda amicizia. La cosa strana è che Lazzaro, insieme alle due sorelle, compaia improvvisamente a metà Vangelo senza alcuna presentazione precedente e venga subito presentato come l’ “amico” di Gesù.

Per sapere qualcosa di più riguardo a come sia nata questa amicizia, dobbiamo riferirci alla testimonianza dell’evangelista Luca (cfr. Lc 10,38-42). Nel suo vangelo racconta una visita di Gesù in casa di Lazzaro: di questa visita si sottolinea la piena disponibilità di Maria ad ascoltare l’insegnamento di Gesù, a differenza di Marta che è tutta presa dai molti servizi di casa.

Questa testimonianza orienta a pensare che era abitudine di Gesù fare sosta nella casa di Lazzaro ogni qualvolta nel suo pellegrinare passava da Betania. Un’altra conferma in proposito ci è data da san Giovanni: riferisce che dopo la risurrezione dell’amico, Gesù va a cena a Betania dove Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti […] era uno dei commensali (Gv 12,1-2).

A proposito di questa amicizia sono significative due considerazioni del cardinal Martini. Costatando i legami di amicizia che Gesù coltivava si dichiara d’accordo con chi ha affermato che Gesù aveva tre tempi nella sua vita: il tempo per Dio – la preghiera nelle lunghe notti -, il tempo per l’azione pastorale – per gli altri, per la gente –, il tempo per l’amicizia (p. 132). La seconda considerazione si fonda sul finale del racconto della risurrezione di Lazzaro e ha qualcosa di molto importante da dire sul tema dell’amicizia. Scrive san Giovanni che i capi dei sacerdoti, dopo il miracolo della risurrezione di Lazzaro, prendono la decisione definitiva di far morire Gesù: Da quel giorno, dunque, decisero di ucciderlo (Gv 11,53). Questo significa che l’essere intervenuto a favore dell’amico ha comportato per Gesù l’esporre la sua vita alla morte. Davvero, Gesù testimonia – come sottolinea il Card. Martini – un ‘amicizia fedele fino alla fine (p. 132).

Don Luigi Pedrini

01 LUGLIO 2018

Carissimi Parrocchiani,

dopo aver seguito l’evolversi dell’amicizia nata tra Gionata e Davide vorrei ulteriormente evidenziare il valore di questa straordinaria esperienza umana alla luce della testimonianza di Gesù: anch’egli, condividendo in tutto la nostra vita, ha conosciuto il dono dell’amicizia, ne ha percepito la bellezza e l’ha coltivata.

Tra i testi evangelici che documentano questo aspetto della sua umanità possiamo ricordare anzitutto Mc 10,17-22.

Questo testo, nel riferire l’incontro che egli ha avuto con un uomo ricco che gli domandava che cosa dovesse fare per avere la vita eterna, annota anche un particolare singolare. Dice che Gesù fissatolo, lo amò (v. 21).

Dunque, verso questo uomo che cerca una risposta non a una necessità contingente, ma a qualcosa di grande e di vero, Gesù prova da subito una naturale simpatia. Questo particolare avvicina questo incontro a quel primo incontro avvenuto tra Gionata e Davide nel quale da subito le anime dei due giovani si sono legate in una profonda e sincera amicizia.

Ugualmente Gesù: Egli leggendo nel cuore di quell’uomo e scorgendo la bellezza del suo animo ha provato per lui un sentimento di commozione interiore.

C’è però un’ombra in questo episodio che rimane per noi difficile da spiegare ed è il fatto che quell’uomo non abbia corrisposto all’offerta gratuita di amicizia da parte di Gesù, come abbia potuto non lasciarsi conquistare da quello sguardo penetrante che pur aveva smosso in precedenza uomini come Simon Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni, Matteo… Infatti, l’esito di quell’incontro è stato un congedarsi di quell’uomo con il cuore triste non avendo avuto il coraggio di accogliere le parole con cui Gesù ha risposto alla sua domanda di vita eterna.

Giovanni Paolo II nel commento che ha fatto a questo episodio evangelico nella Lettera ai giovani e alle giovani di tutto il mondo (31 marzo 1985) invita a vedere nello sguardo amorevole che Gesù elargisce a questo uomo il riflesso dello sguardo d’amore che Dio ha verso ciascuno di noi. E lo sguardo amorevole celebrato poeticamente nel salmo 139 in cui si dice che Dio segue con attenzione e con cura tutti i passi dell’uomo.

Signore, tu mi scruti e mi conosci,

2 tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo,

intendi da lontano i miei pensieri,

3 osservi il mio cammino e il mio riposo,

ti sono note tutte le mie vie. 

Accogliere su di sé lo sguardo di amicizia di Dio è sorgente di consolazione e di vita; viceversa, “l’uomo che non accoglie questo sguardo, che non sa di essere amato, è un infelice perché non conosce il suo destino” (C. M. Martini, Davide peccatore e credente, p. 131).

Don Luigi Pedrini

24 GIUGNO 2018

Carissimi Parrocchiani,

completiamo questo breve resoconto sull’evolversi dell’amicizia fra Davide e Gionata riferendo un terzo e ultimo passaggio significativo. Lo si legge qualche capitolo più avanti, al cap. 23 e riferisce di un incontro segreto fra i due amici.

Saul si è ormai del tutto convinto che Davide è un ostacolo alla stabilità interna del Regno e pertanto comincia a dargli la caccia per riuscire a liberarsene.

Davide si scopre così non solo è un uomo che vive in esilio forzato, ma anche un uomo braccato da ogni parte: ogni strada per mettersi in salvo sembra ormai preclusa, la sua storia sembra votata a un tragico destino.

Ma proprio in questo frangente Gionata, all’insaputa del padre, mettendo a rischio la propria vita, raggiunge Davide che si trovava a Corsa nel deserto di Zif e gli infonde fiducia con queste parole: “Non temere: la mano di Saul, mio padre, non potrà raggiungerti e tu regnerai su Israele mentre io sarò a te secondo. Anche Saul, mio padre, lo sa bene” (1 Re 23,17). Anche in questa occasione – si legge nel testo – che Davide e Gionata “strinsero un patto davanti al Signore”

Dunque, anche in questo terzo passaggio cogliamo un’ulteriore prova di affetto per l’amico. Peraltro le parole di Gionata non sono soltanto consolatorie, ma ancora una volta parole profetiche che rivelano in Gionata non solo un giovane capace di amicizia disinteressata, ma anche un vero credente che “al di là di quello che le apparenze suggerivano, sa cogliere i disegni di Dio” (Martini, p. 129).

In questo modo Davide ha trovato in Gionata un vero amico. In effetti, se ha potuto preservare la sua vita e salvarla dalla furia omicida di Saul, molto lo deve a Lui.

Davide è pienamente consapevole di questo e sarà grandissimo il suo dolore allorquando gli porteranno la notizia che insieme a Saul anche Gionata è morto. Sono davvero toccanti le parole con le quali egli ricorda l’amico nel canto funebre che intesse per lui:

                 25Come son caduti gli eroi

          in mezzo alla battaglia?

          Giònata,sulle tue alture trafitto!

          26Una grande pena ho per te,

          fratello mio, Giònata!

          Tu mi eri molto caro;

          la tua amicizia era per me preziosa,

          più che amore di donna.

          Come sono caduti gli eroi,

          sono perite le armi? “

Don Luigi Pedrini

17 GIUGNO 2018

Carissimi Parrocchiani,

stiamo riferendo una seconda prova di amicizia gratuita e fedele di Gionata nei confronti di Davide. I due amici hanno avuto un primo dialogo che ha permesso a Davide di mettere al corrente l’amico delle intenzioni omicide che Saul nutre verso di lui.

A questo punto si apre una seconda scena. I due amici vanno in aperta campagna e insieme concordano la strategia da mettere in atto. Gionata dovrà accertarsi di quali siano le reali intenzioni del padre: se i suoi sentimenti sono pacifici, allora rassicurerà Davide ed egli potrà tornare tranquillamente a corte; se invece sono malevoli, allora glielo farà sapere e a quel punto non gli resterà altro da fare che fuggire e darsi alla macchia.

Nella messa a punto di questa strategia sono particolarmente degne di nota alcune parole di Gionata in quanto assumono un carattere profetico sul destino futuro di Davide quale re di Israele e testimoniano inoltre una fiducia nei confronti dell’amico che va al di là della morte.

14Fin quando sarò in vita, usa verso di me la benevolenza del Signore. Se sarò morto, 15non ritirare mai la tua benevolenza dalla mia casa; neppure quando il Signore avrà eliminato dalla terra ogni uomo nemico di Davide, 16non sia eliminato il nome di Giònata dalla casa di Davide: il Signore ne chiederà conto ai nemici di Davide”. 17Giònata volle ancora far giurare Davide, perché gli voleva bene e lo amava come se stesso (1 Sam 20,14-17).

La terza scena ha come protagonisti Gionata e Saul e si svolge nel contesto di un pranzo. Il re fa notare al figlio che Davide per il secondo giorno consecutivo è assente dalla mensa e per questo gli chiede spiegazioni. Gionata giustifica l’assenza dell’amico riferendo quanto aveva concordato con lui. Saul però si rende conto che il figlio sta prendendo le difese dell’amico, va su tutte le furie e pronuncia parole taglienti sia nei confronti di Davide sia nei confronti di Gionata: “Figlio di una scostumata, non so io forse che tu preferisci il figlio di Iesse, a tua vergogna e a vergogna della nudità di tua madre? 31Perché fino a quando vivrà il figlio di Iesse sulla terra, non avrai sicurezza né tu né il tuo regno. Manda dunque a prenderlo e conducilo qui da me, perché merita la morte”. E alla replica di Gionata: “Perché deve morire? Che cosa ha fatto?”, Saul reagisce in modo violento palesando che il proposito di nuocere a Davide ha messo radici in modo irreversibile nel suo cuore: Saul afferrò la lancia contro di lui per colpirlo e Giònata capì che suo padre aveva ormai deciso di uccidere Davide. 

La quarta scena vede nuovamente protagonisti Davide e Gionata. Attraverso il segnale pattuito, Gionata mette al corrente l’amico delle reali intenzioni del padre nei suoi confronti. Quindi, dopo aver rimandato in città il ragazzo che aveva al suo servizio, rimasto solo, può finalmente incontrare Davide. Il testo riferisce che Davide, subito dopo la partenza del ragazzo, si alzò da dietro la collinetta, cadde con la faccia a terra e si prostrò tre volte, poi si baciarono l’un l’altro e piansero insieme, finché Davide si fece forza. 42E Giònata disse a Davide: “Va’ in pace, ora che noi due abbiamo giurato nel nome del Signore in questi termini: «Il Signore sia tra me e te, tra la mia discendenza e la tua discendenza per sempre»”.

Don Luigi Pedrini

10 GIUGNO 2018

Carissimi Parrocchiani,

dopo aver considerato il carattere di singolarità e di straordinarietà del rapporto amichevole che si instaura tra Davide e Gionata, è opportuno a questo punto porre attenzione ai passaggi più significativi dell’evolversi di questa amicizia.

Tra questi almeno tre meritano di essere ricordati: si tratta di tre iniziative di Gionata che sono state decisive per salvare la vita di Davide dalle intenzioni omicide di Saul.

La prima iniziativa consiste in un intervento di mediazione con il quale egli prende le difese dell’amico presso il padre. Lo invita ad abbandonare i propositi di nuocere a Davide considerando il fatto che è sempre stato leale nei suoi confronti e con la sua abilità militare gli ha permesso di riportare vittoria sui suoi nemici: “Non pecchi il re contro il suo servo, contro Davide, che non ha peccato contro di te, che anzi ha fatto cose belle per te. 5Egli ha esposto la vita, quando abbatté il Filisteo, e il Signore ha concesso una grande salvezza a tutto Israele. Hai visto e hai gioito. Dunque, perché pecchi contro un innocente, uccidendo Davide senza motivo?” (1 Sam 19,4-5).

Questa prima iniziativa ha un esito favorevole: infatti, il padre dà ascolto al figlio e abbandona per il momento il suo proposito di far del male a Davide.

Col passare del tempo, però, l’animo instabile di Saul ha nuovamente il sopravvento. Il re torna a covare sentimenti di gelosia e di astio verso Davide. Gionata, in questa situazione, offre all’amico una seconda prova di amicizia fedele e disinteressata.

Troviamo la narrazione dettagliata di tutto questo nel capitolo 20 del primo libro di Samuele. Si tratta di un testo molto bello e varrebbe la pena riportarlo per intero per coglierne tutte le sfumature. Data la lunghezza e dovendo contenere il nostro resoconto ci limitiamo a passare in rassegna le scene più significative.

La prima scena è costituita da un incontro tra Davide e Gionata. Davide in questo momento sta fuggendo: in tutta fretta ha lasciato Naiot di Rama per sottrarsi alle trame persecutorie di Saul e va in cerca dell’amico. A lui rivela tutta l’amarezza che ha nel cuore e gli svela il terribile sospetto che Saul voglia veramente la sua morte. Ecco alcune battute del dialogo che intrattiene con Gionata.

Che cosa ho fatto, che colpa e che peccato ho nei riguardi di tuo padre, perché attenti così alla mia vita?”. 2Rispose: “Non sia mai. Non morirai. Vedi, mio padre non fa nulla di grande o di piccolo senza confidarmelo. Perché mi avrebbe nascosto questa cosa? Non è possibile!”. 3Ma Davide giurò ancora: “Tuo padre sa benissimo che ho trovato grazia ai tuoi occhi e dice: “Giònata non deve sapere questa cosa, perché si affliggerebbe”. Ma, per la vita del Signore e per la tua vita, c’è soltanto un passo tra me e la morte”. 4Giònata disse: “Che cosa desideri che io faccia per te?”.  

Alla confessione di Davide fa seguito la piena disponibilità dell’amico a dargli tutto l’aiuto necessario perché abbia a mettersi in salvo. Siamo così alla seconda scena di cui riferiremo la prossima settimana. 

Don Luigi Pedrini