13 SETTEMBRE 2020

Cari fratelli,

le letture di oggi ci propongono un serio impegno per un perdono gioioso, illimitato e generoso.

Questa è la norma del comportamento di Dio e questa, di conseguenza, deve essere la norma del nostro comportamento.

La parabola e lo stesso dibattito con Pietro, che la precede, hanno lo scopo di segnalare il passaggio da una concezione quantitativa ad una visione qualitativa del perdono.

L’esortazione centrale infatti è di avere pietà, radice di un perdono che supera le leggi di una rigida giustizia, di interessi e di rigore inflessibile.

Non esistono limiti o casi quando si giudica con amore.

Il nostro modello è da ricercarsi in Gesù, che accoglie e riabilita gratuitamente i peccatori.

Tutte le letture sono un appello a spezzare la logica della vendetta, la catena dell’odio, la prigione del rancore e dell’ira.

Sono un appello a ritrovare amore e magnanimità, ricordando la nostra comune appartenenza a Dio come sua immagine, sia che viviamo, sia che moriamo siamo del Signore.

In ogni istanza della vita, nella gioia e nel dolore, persino nel bene e nel male, l’uomo non può cancellare del tutto questa impronta di Dio in lui.

La Parola creatrice di Dio è celata in ogni nome.

Il cristianesimo dovrebbe esaltare senza sosta lo splendore dell’uomo; anche quando il peccatore calpesta la sua dignità umana, dobbiamo sperare sempre in lui e nella sua capacità di conversione.

“Dobbiamo sempre rischiare su Dio e sull’uomo, al di là di ogni delusione” (E. Mounier).

Don Emilio